Note alla storia

Ho sempre voluto leggere qualcosa a proposito di Piton che scopre che il suo unico amore è perduto per sempre. Dal momento che non ho trovato nulla ho pensato di scriverlo io stessa.

Godric’s Hollow quella sera era inaspettatamente tranquilla. La neve scendeva piano e già diversi centimetri ricoprivano le strade vuote. Solo un cane randagio vagava da un bidone della spazzatura all’altro annusandosenza troppa convinzione qua e là alla ricerca di cibo. Era da poco passatala mezzanotte. I bambini che fino a poche ore prima bussavano alle porte al grido di “dolcetto o scherzetto” erano ora rintanati nei loro lettini, le pance piene di dolciumi. 

Un debole crac ruppe il silenzio. Il cane alzò il muso da un involto che aveva appena scovato vicino ad un bidone. In fondo alla via era apparsa dal nulla un’alta figura ammantata di nero. Il nuovo venuto rimase qualche secondo immobile, poi, rassicuratosi che nessuno l’avesse visto, prese a camminare verso la piazzetta. Indossava un lungo mantello con cappuccio e camminava a testa bassa muovendo impercettibilmente le labbra in un sussurro angosciato:

“Fa che non sia vero... fa che non sia vero…”

Una litania infinita. Ma non c’era speranza in quel sussurro.

Arrivato alla piazza si voltò a sinistra. Tenne lo sguardo fisso a terra, non voleva guardare. Forse l’odore di bruciato che gli giungeva alle narici non era altro che il fumo dei caminetti. Sospirò e alzò finalmente lo sguardo. Gli occhi neri come pece si spalancarono pieni di orrore davanti alla casa devastata che si trovò davanti. Le gambe non lo ressero e cadde in ginocchio, la bocca aperta in un grido silenzioso. Rimase così per minuti, ore, non lo sapeva. All’improvviso una debole speranza si accese in lui. Forse Lei era ancora viva! Si alzò in fretta e corse verso l’apertura che un tempo ospitava la porta. Si ritrovò nel salotto. Un uomo giaceva a terra, le braccia spalancate. L’uomo gli si avvicino con cautela, estraendo da sotto il mantello una sottile bacchetta di legno. Gli tastò il polso. Niente da fare, era morto. Si rialzò. La porta alla sua sinistra dava su un corridoio e su una scala quasi distrutta da quella che sembrava un’esplosione. Al piano di sopra qualcosa si mosse. Senza pensarci due volte si arrampicò di corsa sui gradini mezzo distrutti, il cuore che batteva all’impazzata, un solo, unico desiderio martellargli nella testa: “Fa che sia via! Fa che sia viva!” irruppe nella prima stanza che si trovò davanti e urlò. La donna era rannicchiata davanti ad un lettino, la bocca aperta in un urlo ormai spento, gli occhi – i bellissimi occhi verdi – spalancati ma vuoti, freddi. Morti. Per la seconda volta le gambe lo tradirono. Si ritrovò rannicchiato su se stesso, le mani tra i lunghi capelli neri: voleva urlare la sua disperazione ma dalla bocca nessun suono pareva poter uscire. Il dolore era tale che non poteva nemmeno piangere. Avanzò a carponi verso di lei e finalmente ritrovò la voce:

“Lily…”

La prese fra le braccia, cullandola mentre finalmente riusciva a piangere.

“Lily… Lily…”

Era così perso nel suo dolore che non si era accorto che qualcuno lo stava osservando. In piedi, aggrappato alle sbarre del lettino, c’era un bambino. Aveva poco più di un anno, grandi occhi verdi arrossati dal pianto e una curiosa cicatrice a forma di saetta sulla fronte. Sembrava sfinito, probabilmente erano ore che piangeva disperato chiedendosi perché la sua mamma se ne stesse lì accovacciata incurante della sua disperazione. L’uomo finalmente si accorse di lui. Lo fissò, sconvolto da quei grandi occhi verdi, così simili a quelli della donna che gli stava inerme tra le braccia. La depositò cautamente sul pavimento e si alzò a fronteggiare il bambino. Era colpa sua. Lily era morta per colpa sua. Ma il bambino era vivo. Allungò la mano verso il piccolo accarezzandogli incerto le guanciotte paffute ed umide di pianto. Doveva avvertire subito qualcuno. Dovevano sapere che il bambino era sopravvissuto e che il Signore Oscuro era scomparso. Si chinò sul lettino e, baciando dolcemente la testa del bimbo, sussurrò:

“Presto sarai al sicuro, Harry Potter”.

Girò su se stesso e scomparve, con un debolissimo crac.

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